mercoledì 15 maggio 2013

Shirt Inspiration


È la mia preferita, questa camicia bianca dallo stile romantico. È la mia preferita perché a questa camicia è allacciato il ricordo di una giornata bellissima di nuvole cariche di pioggia.

Eravamo partiti ugualmente, una mattina del 25 aprile, verso l’estremità più settentrionale del Lago Maggiore, nonostante il cielo fosse pesante di quelle nuvole che non promettono niente di buono. Ci eravamo premuniti di ombrelli, giacche impermeabili e scarpe sportive, perché una passeggiata, in qualsiasi caso, l’avremmo fatta e, nel caso peggiore, ci saremmo riparati in uno dei locali di Locarno.

L’aria era frizzantina. Niente presumeva ad una giornata luminosa, anzi più ci si spingeva a nord, più il cielo diventava plumbeo. Aspettavamo da un momento all’altro il rompersi del leggero velo che tratteneva l'acqua nelle nubi; ma quel momento, per uno strano giro del vento in quota, non arrivava mai. Quei cumuli si gonfiavano e si  riducevano a vista d’occhio e ci tenevano sulle spine, costretti a passeggiare in modo furtivo lungo le viuzze della città, pronti a correre ai ripari nell’esatto momento in cui dal cielo si fossero rovesciate le catinelle.

Era un giorno uguale a tutti i giorni per gli abitanti di Locarno. Nell’aria si respirava il profumo del vivere quotidiano della gente che osservavo con la rilassatezza di chi è in vacanza. Del resto, per noi, era un giorno di festa, ma la gente del posto non lo sapeva, e ci accoglieva come persone comuni di passaggio. Era divertente e allo stesso tempo interessante, mescolarsi fra la gente indaffarata nelle proprie incombenze di routine ed scrutarne le abitudini.
Per assurdo quel giorno, il cattivo tempo era stato così clemente, da concederci tuttavia di pranzare all’aperto e, stranamente, senza l’ansia dello stare sul chi vive, pronti a correre ai ripari. Più tardi, invece, proprio quando il nostro interesse verso i capricci del tempo era giunto alla totale rilassatezza, quelle catinelle si aprirono, tutte insieme, quasi fossero programmate ad agire, con la puntualità di un orologio svizzero.

L’attimo ci colse in un vicolo stretto, mentre eravamo davanti ad una vetrina di un negozio equo-solidale; intorno a noi neanche una pensilina dove poterci riparare. Così la comune decisione di entrare, invitati dalla signora del negozio che ci accolse con familiarità.
Dappertutto, dove appoggiavo gli occhi, c’era qualcosa di caratteristico, tipico dei paesi a Sud del Mondo. Abiti coloratissimi, borse di stoffa dipinte a mano, bijoux di pietre e perline, quadernetti rilegati in modo spartano, unici non uno uguale all'altro. Ciotoline di legno, tazze, barattoli, cestini intrecciati e, in un angolo, una serie di camicie tutte bianche, appese su delle grucce foderate di seta rosa pallido.

Le guardai tutte, una dopo l’altra, con l’interesse di trovare quella che avrebbe fatto la differenza. Erano tutte belle! Ognuna con un particolare tutto suo a raccontare una storia ricamata con le mani. Camicie di cotone, camicie di lino, pesanti o leggere: bastava avere un po’ di chiarezza d’idee per scegliere la migliore; ma davanti a tanta bellezza, le mie idee si erano sparpagliate tutte qua e là, tra quelle camicie.  C’era quella con il colletto particolare; quella con la manica a sbuffo; quella con il ricamo; quella ricca di nervature, quella coi bottoni di madreperla a forma di fiore. E poi questa. La mia. Quella che solo lei abbracciava tutti quei particolari che mi fece innamorare e mai pentire.

Sono passati molti anni da quel 25 aprile. Ogni anno, in questa stagione, trovo sempre l’occasione per indossare la mia camicia con qualcosa di diverso a renderla sempre nuova. Non mi sono ancora stancata di allacciare quella fila di undici bottoni, tutti cuciti uno vicino all’altro, da far perdere la pazienza ad una monaca. Anzi: ad ogni bottone è legato un piccolo segno, che rammenta qualcosa d’importante per cui valga la pena allacciare, per non che sia disperso.

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