lunedì 21 settembre 2015

Assaggio d'estate - Racconto (Prima parte)

Lo scorso anno scrissi un racconto, ambientato in uno dei posti che ho più a cuore, il Lago d’Orta.
Una parte di questa storia, è stata scritta mentre ero seduta sulla panchina dell’approdo di San Filiberto di Pella, proprio come la protagonista che, pur non essendo io, mi assomiglia molto.
Con questo scritto ho partecipato al Premio letterario “IL VIANDANTE”, XI Edizione, 2014, non classificandomi tra i primi tre.
Le persone e i loro nomi sono inventati; gli avvenimenti citati, se realmente accaduti, sono da ritenersi assolutamente casuali.


"Quella mattina Alice si era svegliata prima: non aveva voglia di rimanere a letto sebbene la giornata non promettesse nulla di buono.
Era una domenica di giugno. Una coltre di nuvole velava il sole, la calura era fastidiosa.
Rimasta sola in quel fine settimana, aveva deciso che la domenica l’avrebbe dedicata a se stessa. Aveva voglia di fare due passi al lago e pensava che quel tipo di clima avrebbe aggiunto un tocco di nostalgico romanticismo a quella giornata.
Si era vestita in fretta. Aveva indossato una camicia azzurra sopra ai jeans e un paio di  comodi sandali; aveva preso la sua borsa di paglia e la macchina fotografica. Un velo di trucco ed era uscita di casa. Senza programma. Non le capitava spesso di staccare la spina da lavoro e famiglia e non poteva che esserne felice.
Aveva lasciato l’auto in una località della riva occidentale, quella meno frequentata dai turisti, ma non per questo la meno affascinante. Anzi: pensava che quella riva fosse più attraente dell’altra perché, lungo le viuzze di quei paesi, s’incontravano solo le persone del posto; addirittura i gatti, acciambellati sui zerbini davanti alle case, si lasciavano accarezzare senza timore.
Era scesa a piedi fino al molo di San Filiberto e, seduta su una panchina, aspettava l’arrivo del battello che l’avrebbe portata sulla sponda orientale. Là si sarebbe mescolata alla massa dei turisti.
Davanti a sé, le cime incorniciavano il lago. Cime che, in quella stagione, mostravano tutta la nudità della roccia e si specchiavano nelle acque calme disegnandone, a mano mossa, tutti i contorni. Le conosceva una per una quelle cime. Le avrebbe riconosciute anche ad occhi chiusi. Erano state mete di lunghe passeggiate, tanti anni prima, quando la zia la invitava a passare l’estate nella sua casa di Armeno e, insieme ai ragazzini del posto, andava alla scoperta dei sentieri che portavano agli alpeggi circostanti.
Ah, che nostalgia della zia! Se chiudeva gli occhi e tendeva l’orecchio, poteva sentirne ancora la voce e le risate.
Non seppe quantificare il tempo passato su quella panchina, quando una voce la portò alla realtà.

- Signora…deve prendere il battello?

Un uomo le faceva cenno dal molo. Era il conducente, in divisa blu e cappello da capitano, che stava allungando la passerella per facilitare la salita ai passeggeri.
Si alzò di scatto. Con un salto passò dal marciapiede al molo e salì sul battello. Prese posto sul ponte e cominciò a scattare alcune foto.
La filodiffusione trasmetteva una musica piacevole e si lasciò cullare da gradevoli ricordi. Tutto era meraviglioso e si sentiva in pace con il mondo.
Toccarono la sponda dell’isola dove scese con una giovane coppia. Il capitano le strinse la mano prima di scendere e, scambiandosi un rapido sguardo, si augurarono la buona giornata. 
(Continua...)




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