mercoledì 24 febbraio 2016

E di qui, dove si va?



C’è sempre un posto dove andare quando non si sa…dove andare. Un posto mai visto o il solito posto. L’importante è andare, con o senza una precisa ragione. Tutti i luoghi lasciano un’emozione. Sempre.

Camminiamo lungo il sentiero sopra la ferrovia che da Legro porta verso il Monte Mesma. Sto parlando, ancora una volta, di località che si affacciano sul Lago d’Orta, luoghi ai quali sono affettuosamente legata dai tempi della mia giovinezza.
La giornata è tipicamente primaverile, sebbene non sia ancora stagione; ma quest’anno va così. Si sente la presenza di alcune lucertole che, impaurite dal nostro passaggio, si nascondono tra le foglie secche. Qua e là, i primi capolini fioriti di primule, violette, campanellini e pervinche: bisogna fare attenzione a non calpestarli talmente sono tanti. Una farfalla gialla, la Citronella, ci svolazza accanto e ci accompagna per un breve tratto. Sotto di noi, il lago infonde tutta la sua calma, riflettendo il barluccichio del sole riflesso nell’acqua.




Arrivati ai piedi della salita che conduce alla Torre del Buccione, Giovanni mi chiede: “E di qui dove si va?”. Lui sa bene dove si va, seguendo quel sentiero; ma vuole capire la ragione per la quale, a Corconio, la segnaletica ci abbia fatto salire ed immetterci sulla provinciale, invece che farci proseguire sul sentiero. E decide di ritornare indietro per vederne il motivo.

Possibile che dobbiamo sempre complicarci la vita? Naturalmente non si fida delle mie parole, lui deve sempre constatare di persona. A volte Giovanni è proprio un San Tommaso (che non crede se non ci ficca il naso) e  si meraviglia perché mi lamento. Ma quella a sorprendersi sono io che, tuttavia, lo assecondo ancora una volta.

Ok, torniamo indietro… Ed è esattamente come gli ho detto venti minuti fa: alla chiesa, di fronte a Villa Bonola, a Corconio, saremmo dovuti scendere tra le case e prendere, poi, il sentiero che corre lungo la ferrovia; invece noi siamo rimasti sul percorso alto. Convinto dalla mia spiegazione, ma soprattutto della sua indagine, possiamo ritornare seguendo la massicciata della ferrovia, fino al punto del "domandone" che gli ha fatto crollare ogni certezza.

Non saliamo, però alla Torre del Buccione, ma seguiamo le indicazioni per il Monte Mesma, dove arriviamo dopo circa mezz’ora. La salita è tutta su mulattiera ed è affiancata dalle cappellette della Via Crucis che distanziano tra loro quanto il tempo di un Pater, un’Ave e un Gloria.
Giovanni mi interroga sui nomi dei fiori che sono molti di più di quel che prevede il periodo. È divertente camminare al suo fianco. Lui conosce la maggior parte della flora alpina; io, invece, solo i fiori più comuni.  Arriviamo al convento e inizia la messa. La chiesa è gremita di persone. È un posto di pace. Restiamo seduti sul muretto a contemplare il lago per un tempo indefinito. Sento di ringraziare Dio per questo momento e sento di ringraziarlo anche per quelle intemperie della vita che a volte mi soffiano contro, perché è dimostrazione di quanto io possa essere forte nell’accettarle.





Il ritorno non è mai come l’andata. Chi conosce Giovanni sa dei suoi "giri ad anello”. Lui non ama ritornare sui soliti passi.  Scendiamo a Lortallo. Appena più in là, svetta sulla collina il campanile di Ameno.
Il sole, intanto, come un attore di teatro, esce di scena inchinandosi al giorno per lasciare il posto alla luna piena, tanto bella che così non se ne vedeva da tempo. C’è una luce calda tra le cime, una luce che è quasi commovente. Si accendono le prime lucine dei paesi, distesi sulle pendici delle montagne. Ancora qualche passo nell’ombra della sera e presto saremo di ritorno a casa.





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