mercoledì 2 luglio 2014

Le bici della mia vita



Andare in bicicletta mi è sempre piaciuto moltissimo. È stata una delle primissime cose che ho imparato, dopo quella di camminare e parlare, naturalmente.

Vado dappertutto in bici e non mi spaventano le distanze. Non sono, però, un’arrampicatrice di montagne. Le lunghe salite mi sfiancano e le discese mi fanno paura. Ho provato: sono salita in cima al Monte Amiata, un’estate di tanti anni fa, con la mia mountain bike; dopo di che ho appeso la bici in garage ed è là ancora adesso.

Il mio primo mezzo a pedali è stato un triciclo di legno fatto dal mio papà. La mamma aveva annodato un piccolo cuscino di gommapiuma per evitare che qualche scheggia di legno pungesse le nostre coscette, quelle di mio fratello e le mie. Quel triciclo era davvero molto bello ed è stato “il primo mezzo a pedali” anche dei cuginetti arrivati dopo di me e tutti lo ricordiamo ancora con affetto.
A 4 anni portavo via la bicicletta a mio fratello, una Graziellina arancione, che poi è diventata “solo mia”, il mio cavallo di battaglia. Dal lunedì al venerdì aveva le rotelline, per non cadere; nel fine settimana, invece, il papà le toglieva perché a tutti i costi volevo imparare ad andare senza; ma mio nonno, alla prima caragnata perché mi ritrovavo per terra con le ginocchia sbucciate, le rimetteva… e iniziava un’altra settimana. Poi, trovato il giusto equilibrio, son partita e non mi sono ancora fermata.
A 10 anni mi è stata regalata una vera Graziella, che si chiamava, però, “Sonia”. Rosso ciliegia metallizzato, con il cestino dietro, e con la quale, a volte, andavo anche a scuola.
A 18, la Rimoldi da donna. Bianca, come dettava la moda degli anni ’80, con il cestino di vimini davanti, i freni a bacchetta e la retina a coprire la ruota posteriore, per evitare che gli orli delle gonne svolazzanti entrassero nei raggi.
Questa bici mi ha portata dappertutto, anche in vacanza tra i castelli della Loira, in Bretagna e in Normandia. Poi, un bel giorno, non tanto tempo fa, mi è stata portata via proprio davanti a casa. Ho denunciato il furto ai Carabinieri e da quel momento mi si è chiarito in testa il motivo per cui esistono le barzellette sui Carabinieri…

Andai alla Stazione dei Carabinieri di malavoglia, perché pensavo fosse una perdita di tempo denunciare il furto della bicicletta. Poi mi dissero che, nel caso l’avessi ritrovata, non avrei potuto riprendermela senza esibire un documento che ne denunciasse il furto.
Il Maresciallo mi fece accomodare in ufficio e iniziò a farmi delle domande sull’accaduto. Io spiegai d’aver lasciato la bici appoggiata alla recinzione di casa per entrare a prendere il portafogli che avevo dimenticato; il tempo di ritornare e la bici non c’era più.

Questa scena la ricordo così bene, che mi sembra sia accaduta ieri sera.

Il Maresciallo, dietro la scrivania, scrive.

- Cognome…Nome…Dove abita…

Scrive.

- Mi dica…com’ era la bici?

Spiego che era bianca, una Rimoldi da donna; col cestino di vimini color naturale, fissato al manubrio; i freni a bacchetta, il cavalletto, la retina…bi-bi e bi-bo…

- Aveva qualche segno particolare?

- (Ossignore…è vero che è stata dappertutto, ma la guerra no, non l’ha fatta…)

Penso...Poi mi viene in mente che, in effetti, un segno particolare l’aveva…

- Sì Maresciallo: alla base del manubrio ha un graffio ben evidente perché ci mettevo il seggiolino del bambino che curavo un po’ di tempo fa e l’attacco ha grattato via la vernice…

Lui scrive. Senza alzare la testa, prende nota di tutto quel che dico…

- …E poi, mi creda Maresciallo, - spiego un po’ malinconica - non è per il valore economico che mi spiace, ma a quella bici ero molto affezionata: sa,  è stato il regalo per i miei 18 anni…

- Ah…ma allora è una bicicletta vecchia! – mi apostrofa il Maresciallo appoggiando la penna sul foglio.

Io alzo le spalle e vorrei sparire. Mi sento la rompipalle di turno che fa solo perdere del tempo; poi, però, mi ricompongo e lo guardo con dispetto.

- No…mi scusi…- continua lui - …volevo dire…NON che lei sia vecchia…- Si sente un rumore di unghie raschiare sulla lavagna - …ma… la bici…

- Sì, vabbé Maresciallo… non si arrampichi sui vetri… è vero: la bici non era nuova…


La Rimoldi non l’ho più ritrovata. Peccato. La copia della denuncia è ancora ritirata nel cassetto dei documenti importanti, si sa mai… Mi auguro solo che sia finita nelle mani di una persona bisognosa.


Comunque sia, ho comperato una nuova bici da città; una Bianchi questa volta, una Spillo K-55 che vola per la strada! Non dotata di cestino, ma di portapacchi con due borse ai lati della ruota posteriore, molto più comode del cestino. Coi cambi, perché altrimenti pare non essere al passo coi tempi; un campanello che quando aziono, tutti si mettono sull’attenti, come per l’Inno di Mameli; e, ultimo acquisto made in Holland, un pugnetto col pollice alzato, che suona come una paperetta, ma che tutti si voltano, perché è così simpatico che è impossibile passare inosservati!