domenica 20 gennaio 2013

Un simpatico Buongiorno - Racconto



Quanta neve era caduta e quanta voglia avevo di costruire un bel pupazzo di neve!

Mi svegliai nel cuore della notte, sopraffatta dall’eccitazione infantile di correre fuori a giocare con la neve. Aveva nevicato parecchio durante il giorno e nevicava ancora a larghe falde.
La sera, prima di andare a letto, avevo lasciati appositamente aperti gli scuri della finestra e, attraverso le tendine, il bagliore della neve entrava nella stanza per disegnare strane figure sulle pareti. Dormivano tutti di un sonno tranquillo e la casa era avvolta nel silenzio notturno, rotto solamente dall’incessante ticchettio dell’orologio, mai stanco di continuare il suo cammino.
Dal mio letto potevo guardare fuori dalla finestra senza fare la benché minima mossa. Avevo scelto di dormire lì ancor prima che i miei amici concepissero l’idea che il primo raggio di sole del mattino avrebbe disturbato il loro sonno.
Io non aspiravo a dormire, quella notte, io volevo fare un pupazzo di neve, tutto mio e l’avrei fatto prima del loro risveglio…
Mi alzai e mi vestii in fretta. La stufa si era assopita e per la casa mi rincorreva un brivido di freddo. Scesi le scale cercando di non fare rumore; ma i legni di pavimento, soffitto e pareti apostrofarono il mio passaggio con non pochi furtivi scricchiolii. Al piano terra, aprii la porta e subito venni investita da una folata di aria fredda. Non era certo quell’alito di vento a farmi cambiare idea!
Quanta neve era caduta!
Riuscii con fatica a ricavare un sentierino nel giardino, spalando un po’ di neve, quel tanto per raggiungere l’esatta posizione in cui dar vita al mio pupazzo. Il mio non sarebbe stato un pupazzo come tanti. L’avrei reso speciale, sebbene non avessi a disposizione granché  per corredarlo. Avrei fatto un pupazzo equilibrista, a testa in giù e gambe all’aria… Un “simpaticone” di pupazzo che avrebbe fatto sorridere il più inflessibile dei passanti. L’avevo ben chiaro nel mio immaginario e, a pensarci bene, non è che servisse corredarlo molto per dar vita alla mia idea.
Dopo un paio d’ore di faticoso lavoro, ritornai a letto nello stesso modo in cui mi alzai e aspettai nel dormiveglia le prime luci dell’alba, quando la casa iniziò nuovamente a pullulare di voci.
Fu per tutti un insolito risveglio. Nel giardino, appena sotto alla finestra, eccolo lì il mio “acrobata”! Con la testa appoggiata a terra, le braccine piantate nel suolo ghiacciato, a sorreggere una corpulenta figura con le gambe all’aria e i doposci del papà infilati in due manici di scopa. Unico addobbo contro il freddo pungente, una sciarpina di lana rossa avvolta attorno al collo.
E con un sorriso disarmante, lui augurò a tutti, quella mattina, un simpatico Buongiorno.

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