giovedì 6 dicembre 2012

Natale ieri, Natale oggi


Con la velocità del Freccia Rossa, anche questo anno è volato via in un battibaleno. È tempo di bilanci, di buoni propositi per il nuovo anno e, soprattutto, c’è profumo di Natale nell’aria.

Ancor prima di tirare la riga delle somme, vorrei parlare proprio delle feste dicembrine che, diciamocelo, possono piacere o non piacere, senza via di mezzo.
Nonostante tutte le vicissitudini capitate, quando arriva dicembre, come per magia tutta la tristezza svanisce, lasciando il posto a quel non-so-che, simile al processo di fermentazione del mosto, che mi mette addosso quella bellissima agitazione, tipica dell’attesa. Quest’anno ci sarebbero tanti motivi per non esserlo, ma in fondo, la vita continua.
Ricordo che anche da piccola ero così esagitata nell’approssimarsi del Natale. Aspettavo nell’impazienza di sapere se avevo passato o no “l’esame della bontà”.
Già dall’inizio della scuola iniziava la tiritera. Se avrai buoni voti… Se sarai ubbidiente… Se ti comporterai bene… Se non litigherai con tuo fratello… Se sarai buona…Se…Se…Se… Una specie di 10 Comandamenti da rispettare rigorosamente. Un interminabile elenco di cose da fare per ottenere che Gesù Bambino passasse accanto al mio lettino, nella magica notte di Natale, con un dono tutto per me.
E com’ero felice quando, svegliandomi la mattina, scoprivo d’aver passato l’esame con ottimi risultati! C’erano “Gesù Bambini” da parte di tutti: genitori, nonni e zii… Che gran daffare quel povero Bambinello! E solo per me.
Non ricordo la delusione di quando scoprii l’arcano. Probabilmente ci arrivai in punta di piedi, senza troppi traumi. Comunque l’ansia per l’attesa del Natale mi è sempre rimasta. Era la festa che univa la famiglia senza troppe smancerie. Innanzitutto veniva preparato l’albero ed il presepe con l’aiuto del papà, e già lì era un evento nell’evento, perché lui era sempre ultra impegnato con il suo lavoro ed avere il babbo tutto per noi era davvero un’occasione speciale. E poi a Natale c’era la tradizione di mettere sulla tavola alcuni buoni mangiarini che difficilmente capitavano in altri periodi dell’anno (esclusa la Pasqua e la Festa Patronale).
Nel soggiorno dei nonni, veniva preparato il tavolo, rigorosamente allungato per ospitare più commensali, e per noi bambini, veniva apparecchiata la tavola nella cucina. Venivano le zie con le rispettive famiglie e ciò significava divertimento assicurato con i cuginetti e, nel pomeriggio, con l’arrivo di altri zii e cugini, la nonna apriva i giochi annunciando la grande tombolata.
Il giorno di Natale c’era un gran viavai in casa mia e, ancora oggi, in alcune occasioni, quando ritorno a casa, mi sembra di sentirle, quelle voci ormai lontane: le risate e gli urli di noi bambini, la nonna che elenca i numeri della tombola e la voce della mamma a riportare un po’ di ordine.
Quanto silenzio, oggi, in quella casa!
I bambini sono diventati adulti e i nonni non ci sono più. Alcune abitudini sono state cambiate; altre, invece, si sono perse per la strada. Non c’è più la necessità di allungare il tavolo per poterci stare tutti e certi entusiasmi si sono smorzati, lasciando una velatura di tristezza.
Non rinuncio, però, alla tradizione di riunire la famiglia con chi è rimasto e con chi è arrivato a farne parte. Non rinuncio nemmeno all’albero di Natale e al Presepe; alla frittura dolce, messa in tavola ancora bollente e alle lasagne fatte in casa. Non rinuncio agli auguri scritti e spediti tramite le Poste e nemmeno a quelli scambiati sotto il vischio. Non rinuncio alle lucine sull’albero del giardino; alle canzoncine natalizie e ad accendere le candele sul davanzale della finestra. Non rinuncio alla Messa di Mezzanotte e alla sosta meditativa davanti al Presepe. Non rinuncio alla generosità del dare e non rinuncio alla gioia di ricevere.
Manca poco a Natale e voglio arrivare all’appuntamento esattamente come le altre volte.
Con le mani colme di doni. La speranza e la gioia nel cuore.

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