domenica 11 novembre 2012

Lezione di stile Nr. 3



Quando il cellulare era solo un furgone della Polizia Penitenziaria, usato per il trasporto dei detenuti, chi parlava da solo, per la strada, rivolto al muro, era solo un pazzo.

Da quando, invece, per cellulare s’intende telefonino, tutto è normale, anzi: se si è in mezzo alla gente e ci si gira verso il muro per parlare al telefono, è segno di buona educazione.
Certo che, se ad un tratto, mio nonno, si svegliasse dal suo sonno eterno e cadesse giù da quel suo letto di nuvole, direttamente sulla terra, pover uomo, gli prenderebbe un attacco di panico nel vederci e penserebbe di essere atterrato su chissà quale pianeta di chissà quale sistema dell’universo, prima di rendersi conto di come in trent’anni la tecnologia abbia cambiato i suoi posteri.
L’altro giorno, in coda al semaforo, mi sono imbattuta in uno sketch davvero degno di essere inserito in un film comico; di quelli muti, però, che facevano ridere solo per le gesta del mimo che, pur senza parole, descriveva molto bene una certa situazione.
Un uomo, di bella presenza, elegantemente vestito e incravattato, lucidato dalla testa ai piedi, con la mano sinistra nella tasca del pantalone e quella destra agitata nell’aria, stabile ora su una gamba ora sull’altra, animatamente conversava,  rivolto al muro! E sembrava che se l’indendesse molto bene, con il muro… Testa alta, per guardare bene negli occhi l’interlocutore, mano gesticolante ora a dita chiuse nel gesto “cosa vuoi?”, ora a pollice alzato in segno di “OK” evvia, che discussione…! Sembrava davvero che avesse di fronte una persona. Non mi sarei stupita se si fosse congedato con un buffetto sulla spalla, una bella stretta di mano, saluti e abbracci…
Certo, se fosse stato così, sarei andata direttamente a fare un controllo visivo! Invece mi sono fatta una bella risata e non ho potuto fare a meno di pensare a quanto l’uso del telefonino, in questo caso, l’uso del bluetooth, spesso ci faccia cadere nel ridicolo.
Il telefonino, ormai, è entrato nelle tasche di tutti, bambini, anziani, manager e magüt.1  Ognuno ne possiede almeno uno, più o meno di tecnologia avanzata, con il quale mettersi in contatto con il mondo intero, in ogni momento. Senza regole…
È vero che viviamo in un’epoca in cui le regole sono state modificate secondo la comodità di ciascuno (e certi nostri politici sono l’eclatante esempio!), però a tutto c’è un limite.
Se l’elegante signore dell’altro giorno avesse avuto il telefono appoggiato all’orecchio, invece di usare il bluetooth, già avrebbe fatto tutta un’altra impressione. Sono d’accordo che le onde elettromagnetiche del telefonino provocano danni alla salute, però sono anche convinta che, come tutte le cose, se usate con criterio, anche il telefonino farebbe dei danni limitati. Cosa dire, allora, di quelli che in macchina non rispettano le precedenze perché hanno una mano al volante e una impegnata col telefono all’orecchio e non possono scalare la marcia, quindi si prendono il diritto di violare anche il codice stradale e se qualcun altro non avesse la prudenza di fermarsi ugualmente, finirebbe davvero in un bel pasticcio. Se ne vedono di tutti i colori!!!  Alcuni ristoranti addirittura si sono presi l’accortezza di esporre tanto di cartello d’invito nei confronti di quei clienti che usano il cellulare in modo scorretto, come negli ospedali. Sembra eccessivo? No, non lo è. Ormai più nessuno spegne il cellulare, neanche in chiesa e siamo arrivati al punto che lo facciamo solo se invitati a farlo. Allora…dov’è finita la buona educazione?
Anch’io sono diventata telefonino-dipendente, lo ammetto, e come non esserlo? Alle comodità ci si abitua sempre con tanta facilità e spesso penso a come facevo quando la sua esistenza era ancora lontana dal nostro pensare. Oggi non esco di casa senza la certezza d’averlo in borsa e nel caso la batteria o il credito non siano sufficienti, viaggio con quel senso di ansia di non poter comunicare con qualcuno nel caso in cui mi capitasse qualcosa. Quando non esisteva, viaggiavo e facevo anche lunghi percorsi in auto da sola, senza essere minimamente disturbata da questo pensiero. Una volta arrivata a destinazione, armata di gettoni, chiamavo a casa da una cabina telefonica. Oggi, con un telefonino di ultima generazione, sempre pronto a mettermi in contatto con tutti, non godo più del piacere di fare lunghi tragitti in auto; molte volte sono sopraffatta dall’attacco di panico anche negli spostamenti di pochi chilometri e ho trasformato un semplice telefonino in un accessorio di primaria necessità. E' una questione di sistema? Boh!
Però, penso anche al criterio con cui uso il telefono. Se sto parlando con qualcuno, non mi sognerei mai di entrare in un posto pubblico, tanto meno in un ambulatorio medico, anche se questo è inserito al piano terra di una palestra sportiva. Invece mi è successo di vedere persone, apparentemente di una certa categoria sociale, entrare nella sala d’aspetto del medico, accomodarsi e continuare a chiacchierare senza salutare nessuno (e passi…) e, soprattutto, senza presentarsi all’assistente del medico che, con aria interrogativa, guardava il tale domandandosi chi fosse.
E poi, diciamolo: all'intero mondo non interessa per niente sapere che cosa si stia dicendo al telefono... Quindi, vietato urlare!


1 magüt – termine dialettale del novarese che indica(va) un ragazzo minorenne messo in aiuto all’operaio muratore