Quando ero piccola, una delle cose che avrei voluto fare “da grande” era la cantante (dopo la maestra, la parrucchiera e la mamma)
L’idea della cantante non è durata molto, però. Un giorno la mamma mi permise di ascoltare i suoi 45 giri e farli girare nel mio mangiadischi azzurro era diventato uno dei divertimenti preferiti. Stavo crescendo e lo dimostrava il fatto che finalmente il mio mangiadischi suonasse canzoni per davvero e non solo favolette raccontate dalla voce misteriosa di “un probabile nonno”.
La mamma, di dischi, ne aveva davvero tanti. Celentano, Morandi, Battisti, i Dik Dik, Mina, Gino Paoli e via discorrendo, uno più bello dell’altro, uno più ritmato dell’altro. Nonostante ciò, però, già allora dimostravo poco interesse per il ballo, perché non muovevo un passo: ero statica, in piedi, quasi sull’attenti; la mia era un’esibizione da Zecchino d’Oro, dove i bambini cantavano senza togliere lo sguardo dalla signora Mariele Ventre, l’allora direttrice del Piccolo Coro dell’Antoniano.
Del resto a qualcosa dovevo pur somigliare a mio padre che aveva così poca dimestichezza con il ballo tanto quanto mia madre era considerata una brava ballerina! (la famosa Legge di Compensazione...)
La mia canzone tormentone era “Montagne verdi” di Marcella Bella ed era anche quella preferita di mio nonno, il mio primo (ed unico!) ammiratore.
Inserivo il disco e, in bilico su uno sgabellino mezzo sgangherato, con in mano il pestello del mortaio per microfono, mi esibivo in armoniosi sfoggi canori davanti ad un pubblico di bambole, peluches e in via del tutto eccezionale il nonno e, qualche volta, la nonna.
Ho capito di non aver alcuna possibilità di carriera quando un pomeriggio, improvvisamente, lo zio Mario entrò in casa durante uno dei miei acuti e cominciò a ridere e a battermi le mani. Mi vergognai a tal punto che iniziai a piangere e lui, pover’uomo, rimase così male da non riuscire a trovare niente che mi consolasse; nemmeno a farmi i complimenti servì: ero così “timidina” che decisi di mollare lì la mia carriera di cantante! Ed è stata una saggia scelta: anche oggi al solo pensiero di esibirmi davanti ad un pubblico ho i sudori freddi, anche solo per una serata di Karaoke!!!
Così iniziai a lavare i capelli alle bambole, imitando l’Enrica, l’allora parrucchiera della mamma, ma è un’altra storia, che finì comunque ben presto, dopo che quasi tutte le bambole avevano assunto le sembianze di brutti spaventapasseri!
Se avessi intrapreso anche una sola di quelle mansioni, avrei potuto dire di essere stata una bimbetta lungimirante; invece è proprio il caso di dire che non sempre ciò che si sogna da piccoli si realizzi una volta diventati grandi.
E meno male! Mio fratello sognava di avere una giraffa che passeggiasse nell'orto di mio nonno...
Tra me e lui, quella ad avere i piedi ben saldati per terra ero certamente io. Però, néh, non sia mai detto: se mio fratello dovesse trasferirsi nella savana africana, vi farò sapere quante giraffe passeggiano nel suo orto!!!