"...Vi si narra che San Giulio, colpito dalla straordinaria bellezza dell’isola, volle costruire proprio lì una basilica, la centesima, quindi portare a compimento la promessa fatta all’Imperatore Teodosio di edificare cento chiese e di predicare il vangelo alle genti.
Ma non trovò alcun barcaiolo coraggioso disposto a
traghettarlo; così distese il proprio mantello sull’acqua e guidandosi col
pastorale, sbarcò in breve tempo sull’isola. Al solo cenno del Santo, i
serpenti fuggirono tuffandosi nelle acque scure del lago.
A questa leggenda è collegata anche la credenza che vuole che
uno dei mostri si fosse rifugiato in una grotta a nord della penisola di Orta e
curiosa è la coincidenza che sia stata trovata, in quella zona, una gigantesca
vertebra di un mostro antidiluviano che ora è conservata nella sagrestia della
basilica di San Giulio.
Quante vicissitudini su queste rive! Alice ricordava i
racconti della zia e delle altre anziane donne di Armeno. Racconti di aspre
contese tra i feudatari e l’imperatore; vicende di lunghi assedi e truci
veleni; e storie di donne battagliere, come quella della regina Willa, che si
rifugiò sull’isola, portando con sé i suoi tesori, dove fece costruire un’alta
muraglia e, così rinchiusa, resistette per 70 giorni all’assedio di Ottone I; dopodichè
la regina si arrese e Ottone si impossessò del tesoro ma, ammirato dal suo coraggio,
le permise di raggiungere il marito a San Leo nel ducato di Spoleto.
Alice si era fatta trasportare come sempre dalla fantasia e
non si era informata sul l’orario dei battelli per il ritorno. Quando guardò
l’orologio si rese conto che era tardi e s’incamminò a passo svelto verso il
molo di Piazza Motta. Stava approdando un battello proprio mentre uscì sulla
piazza. Era diretto a Omegna; ma, in prossimità dell’isola stava avanzando
un’altra motonave. Per entrambe era l’ultima corsa.
Alice riconobbe il suo
capitano. Si accomodò, questa volta, al coperto. C’era un vociare concitato
tra la gente e, appena partiti, si sentì una voce sovrastare le altre che
chiedeva al conducente la destinazione del battello
Nella confusione un gruppo di turisti, diretto a Omegna,
sbagliò l’attracco e salì sul battello diretto a Pella.
- Capitano, davvero questo
battello non va a Omegna?
Tutti risero divertiti, ma la faccenda era davvero seria:
quelle sei persone dovevano prendere il treno per rientrare a casa...
Il tempo di una telefonata e il battello cambiò la rotta.
Puntava verso Pettenasco; e quello partito una manciata di minuti prima, lo
videro in lontananza far manovra e ritornare verso loro.
- Accidenti… li scaricheranno mica al largo questi sei “disgraziati” ?
– disse uno dei passeggeri.
I due conducenti erano proprio
due navigatori provetti. Avvicinarono, senza mai toccarsi, le due motonavi e,
con l’aiuto del personale dell’equipaggio, i sei lasciarono il battello tra gli
applausi di tutti.
Sulla riva occidentale tutto era
più tranquillo. A San Filiberto, scesero tre persone. Il capitano diede la mano ad Alice e la salutò chiamandola per nome.
- Ciao Alice…
Lei ne fu sorpresa.
- Sono Luca…
Luca? … Alice conosceva almeno
sette persone con quel nome, ma nessuno era il conducente del battello. Si
sentì smarrita. Luca capì e corse ai ripari.
- …ad Armeno…almeno venticinque anni fa…
Luca! Quel Luca, santocielo! Come
poteva essersene dimenticata? In quelle estati di tanti anni prima, avevano
condiviso la stessa passione per le camminate in montagna. Luca, che divideva
sempre la sua merenda con gli altri. Il timido Luca, che la sosteneva quando
lei dichiarava di essere milanista in mezzo ad una schiera di juventini.
- Luca…che piacere rivederti!
Si raccontarono tutto il tempo
passato. Luca era cambiato. Non era più il ragazzino esile che correva coi
calzoncini corti dietro ad un pallone che nessuno gli passava mai. Luca era
diventato un uomo dalla corporatura atletica, dritte le spalle e il portamento
disinvolto di chi ha acquisito sicurezza in se stesso. Si era laureato in
ingegneria naturalistica, ma in tempo di crisi si era adattato a trasportare i
turisti da una riva all’altra del lago. Parlarono della nonna Maria e della zia
Caterina; delle camminate fino a Coiromonte quando c’era la festa; dei panorami
in cima al Mottarone, quando di sera, con gli altri ragazzini, andavano a
guardare le stelle. Parlarono fino a quando dalla piazza si alzò una musica che
li costrinse a tacere e si diedero appuntamento ad uno dei locali sul
lungolago.
Quella sera, l’aria aveva il
profumo della loro giovinezza. La musica
aveva riunito tutti nella piazza. Era un piacevole assaggio d’estate, con il
cielo tormentato dai lampi e dai tuoni che rimbombavano nelle valli.
Verso la parte meridionale del
lago, una fetta di luna occhieggiava tra le nuvole annunciando il sereno.
Respirando alcune boccate di
quell’aria di vacanza, Alice rientrò a casa, con la certezza di non essere più
sola."
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