lunedì 24 settembre 2012

Sassolini nelle scarpe



Questa crisi ha messo in ginocchio il mondo. Questa crisi ha tirato fuori il peggio dagli uomini.
Non c’è giorno che i media non diano una notizia di politica o di cronaca sempre più incredibile. Sono sempre più frequenti i casi di “man bassa” dei politici e di violenza impunita, e la tendenza di attuare una giustizia “fai da te” incombe e fa notizia nella notizia. Come nel Far West.
Un anno e mezzo fa ho constatato in prima persona quanto la crisi stia annientando anche il termine solidarietà  che, ormai, è come un animale in via di estinzione. Quella poca, che ancora ha il coraggio di sopravvivere, fa a gomitate con la maleducazione, l’indifferenza, l’egoismo per tenere i  piedi ben saldati a terra, tra la gente che ancora conta.

Dopo svariati anni di lavoro, pensavo di aver capito lo “spessore” della gente. Avevo fatto a pugni, nei primissimi anni, con l’invidia di qualche collega che, in un periodo di “solitudine personale”, aveva cercato di mettermi in cattiva luce con il responsabile del reparto. Quando me ne resi conto eravamo a metà battaglia e con l’arma della determinazione e della buona educazione, dimostrandomi, comunque, superiore alla loro mediocrità, alla fine ho vinto, ottenendo inaspettati risultati.
Quando credevo di aver capito chi mi stava attorno, mi sono trovata davanti lo spettro dell’inganno. I conti iniziavano a non tornarmi più: avevo poco tra le mani rispetto a ciò che avevo seminato. Mi sono accorta di aver dato troppo a chi non meritava  e chi, invece, era all’altezza di un buon giudizio, non avevo dato la giusta considerazione.
Questo è stato un  grave errore di valutazione che ho pagato a mie spese, purtroppo, ma non tutto il male viene per nuocere.
Dalla mia passata esperienza lavorativa devo amaramente ammettere che non è vero che, nell’ambiente di lavoro, si creano delle buone amicizie. Specialmente tra donne. Molte volte si tratta di buone conoscenze e, nel mio caso è stato più facile aver comprensione da colleghi uomini.
È  vero: di persone buone ne ho incontrate parecchie, per fortuna; uomini e donne che tuttora mi stimano e sento la loro vicinanza quando racconto la mia situazione e di questo ne vado molto fiera. Si contano, però, sulle dita di una mano i colleghi rimasti in azienda, che ancora si interessano a me. Alcuni non mi hanno nemmeno salutata quell’ultima sera, quando ho definitivamente chiuso la porta dell’ufficio, e dire che, con alcune di loro, è capitato di passare delle piacevoli serate in pizzeria con le rispettive famiglie e pomeriggi del sabato a girovagare per la città.
Ho sempre partecipato alle quote stabilite per i matrimoni dei miei ex colleghi, per le nascite dei loro figli, per i  funerali dei loro famigliari e per chi rimaneva a casa in pensione, non tirandomi mai indietro, avevo il piacere di farlo e non me ne sono mai pentita. Non mi si chieda, però, di dimenticare quando, in lacrime, mi affacciai al loro ufficio, quell’ultimo giorno, per salutare e in tutta risposta ho ricevuto un freddo “Ciao”
Non sono di carattere “rancoroso”. Cerco sempre di trovare una spiegazione che giustifica ogni situazione, anche spiacevole, e a questa esperienza ho trovato un fittizio "perché", anzi forse più di uno e ho perdonato. Ho, per ora, una memoria da elefante, ma questo non significa che mi vendicherò, l’ho detto prima: non porto rancore per nessuno e capisco la freddezza che a volte viene imposta in certe occasioni.
Anche la rabbia verso colui che mi ha ferita alle spalle sta andando in esaurimento. Alla fine ho trovato ugualmente un mio equilibrio e anche per lui ho trovato una giustificazione, nonostante non se lo meriti proprio. Davanti alla povertà di un uomo, allungo sempre una mano (in questo caso gli allungherei volentieri uno schiaffo, ma...vabbéh, mi sento buona...): è sicuramente più povero di me, malgrado in questo momento  sia seduto a quella che era la mia scrivania e io percepisca una specie di mensilità dall’INPS. Ma non è di questa povertà che sto parlando. Francamente mi basta sapere che in tanti stanno imparando a conoscerlo e io ho inserito una nuova scheda informativa al mio "Manuale di sopravvivenza".
Alla fine è proprio così: il tempo passa e spiana il dolore. Non bisogna avere fretta di raccogliere i frutti se non sono maturi; ogni cosa ha il suo tempo e anch’io poco alla volta mi sto togliendo qualche sassolino dalle scarpe!
"Quando una porta si chiude, altre si aprono, ma spesso passiamo troppo tempo ad osservare la porta chiusa tanto da non vedere quelle che si stanno aprendo per noi"
(Alexander Graham Bell - inventore e scienziato scozzese)