Lascio il lavoro a metà. Mi metto
le scarpe più comode che ho ed esco di casa. Oggi vado a camminare.
Questo sole, dopo la pioggia di
ieri, mi fa solo bene. La brezza mi accarezza i capelli. Non fa freddo.
Cammino lungo la strada che parte
da dietro la mia casa e conduce a quella principale che porta al Santuario del Varallino, un
viale lungo, alberato, che in estate inebria i sensi con il profumo dei tigli.
Non c'è traffico, tuttavia il silenzio non è silenzio. Da lontano mi giunge una
vocina di bambino. Tra i rami, il cinguettio dei passeri mi tiene compagnia. Un
aereo attraversa il cielo e penso che non vorrei essere da nessun'altra parte
se non qui.
A nord, le Alpi abbracciano la
pianura. Verso sud, si scorge la dorsale appenninica.
Questo è un
posto di pace.
Mentre ritorno, ringrazio in cuor
mio per questo giorno che non ha nulla di speciale, ma che per me è straordinario.
Ringrazio per questo momento, per il crepitio dei miei passi lungo la
sterrata, che non è la stessa strada dell'andata. Ringrazio per il lento scorrere
dell'acqua; per i moscerini sospesi nell'aria; per le campane in lontananza, per il profumo di non so cosa,
ma che sa di buono.
Sul colmo del cavalcavia,
riconosco, laggiù, la mia casa: eccola! È dietro a quella bianca. Riconosco l'albero in fondo alla strada, per la sua chioma, nuda e perfetta.
Seduta sulla panchina del
parchetto, mi lascio sfiorare dal sole. Rimango fino a quando va a nascondersi dietro ai tetti e le ombre si proiettano incredibilmente lunghe per
terra.
A malincuore riprendo la strada verso casa, proprio come quel bambino
che dice alla nonna di voler rimanere ancora un pochino a giocare. Ma l'aria si
rinfresca in fretta e la nonna con una carezza lo convince ad andare.
Scatto una foto a quel che rimane
del giorno, poi mi ritiro in casa. Questa camminata mi ha messo fame.
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