Il buon giorno si vede dal mattino

Da un po’ di tempo mi sveglio felice nonostante avrei uno o più motivi per rimanere a impigrire sotto le coperte. Il clima, adesso, è dalla mia parte. I mattini, quando suona la sveglia, sono ancora bui, tuttavia mi sento un grillo e non mi costa fatica scivolare giù dal letto. Mi basta spalancare la finestra, puntare lo sguardo verso l’orizzonte e lasciare che l’aria fresca mi pizzichi il viso, per sentirmi subito in forma e di buonumore.

Il mattino ha i suoi rituali. Prima di tutto mi preparo una tazza di acqua calda con il succo di limone. Ne avevo sentito parlare dei benefici di questa bevanda che, assunta alla mattina a digiuno, consente di depurare l’organismo in un semplice gesto; ma ero ancora nella mia “vita precedente” (come direbbe il mio amico Giorgio), quando al mattino non mi si poteva parlare fino a una certa ora e uscivo di casa senza fare colazione.

Sono cambiate tantissime cose nell’arco di poco tempo, e finalmente ho concesso loro di cambiare anche me.

Così le mie mattine sono piene di sole anche quando fuori piove. Non solo: ho imparato a volermi bene e a concedermi del tempo da dedicare anche alla colazione e alla lettura del giornale. Certo, non lo leggo tutto, solo un articolo, altrimenti chi li fa, poi, i conti con gli appuntamenti della giornata? Ma a quel ritaglio di tempo non rinuncio, piuttosto mi alzo mezz’ora prima del previsto. 

Ho passato troppi anni a lasciare che il tempo scandisse la mia vita, senza vedere l’altra faccia della medaglia, quella che mi avrebbe permesso di prender la vita con più filosofia.

Adesso l’orchestra la dirigo io. 

La mia giornata è, comunque, piena di cose da fare: la famiglia, un lavoro da inventarmi in ogni momento, i genitori anziani, la casa, che non è piccolina come quella di una lumaca (a cosa servono, poi, le case grandi?). 

È così piena da assomigliare a un uovo:  il tuorlo rosso, le cose improrogabili, l’albume sfuggente, quelle che vanno fatte senza fretta. E  una piccola bolla d’aria per quelle cose futili, di nessuna utilità, che pur servono a farmi sentir normale.